La messa in servizio: collaudo e immatricolazione


Bene.
Abbiamo quindi completato l’installazione del nostro ascensore nuovo di pacca.
Tutto funziona come si deve e siamo ansiosi di metterlo finalmente in servizio.
Ma ci sono ancora due cose da fare: il collaudo e l’immatricolazione.

Collaudo è una parola di origine latina che significa “cum laude”, ossia “con lode”.
Quindi, contrariamente a quanto si sente spesso dire, non esiste un collaudo con esito negativo.
L’impianto collaudato è un impianto che rispetta tutte le prescrizioni di legge e le relative norme, dunque merita la lode. Al contrario un impianto non perfettamente a posto non può essere collaudato.

Il collaudo può essere eseguito direttamente dall’installatore se questo possiede un sistema di qualità totale approvato da un apposito ente certificatore. L’ente ha lo scopo di verificare che l’installatore sia in grado di installare e collaudare il proprio impianto.

Un sistema di qualità totale è un insieme di procedure che l’installatore stabilisce, segue e fa verificare da un ente terzo, al fine di garantire che il processo di installazione e collaudo dell’ascensore sia ripetibile, di volta in volta, secondo il medesimo standard di qualità.

Se l’installatore non possiede un sistema di qualità totale, allora il collaudo può essere svolto da un organismo notificato o altro ente equipollente, che intervengono alla fine dell’installazione per verificare la corrispondenza del progetto e di quanto effettivamente realizzato con quanto prescritto dalla Direttiva Ascensori e dalle norme di prodotto specifiche. Naturalmente l’organismo notificato richiede un compenso per la sua prestazione che di solito viene già conteggiato nel costo dell’impianto, salvo diversi accordi.

Solo dopo che l’impianto è stato collaudato, l’installatore può redigere e rilasciare la dichiarazione di conformità prescritta dalla Direttiva Ascensori.
La dichiarazione di conformità è un documento che l’installatore deve obbligatoriamente redigere nel momento in cui l’impianto viene consegnato al committente ed è importantissimo.

Infatti, oltre ad essere obbligatoria per l’immissione sul mercato dell’impianto, la dichiarazione di conformità ne attesta appunto la sua conformità alla Direttiva.
Il proprietario dell’impianto dovrà conservarla con cura perché qualora venisse smarrita sarebbe particolarmente difficile, se non in alcuni casi impossibile, averne una copia (l’installatore infatti ha l’obbligo di conservare la documentazione dell’impianto per dieci anni. oltre questo tempo i documenti possono andare al macero).

In caso di assenza della dichiarazione di conformità possono poi sorgere problemi all’atto della vendita dell’immobile o, ancora prima, in sede di verifica periodica o straordinaria.
All’atto della verifica infatti può essere richiesto di esibire il libretto di impianto, che deve contenere anche la dichiarazione di conformità.

Il proprietario dell’impianto, acquisita la dichiarazione di conformità, deve sottoscrivere un contratto di manutenzione con una ditta autorizzata e un contratto di verifica periodica con un organismo notificato o altro ente equipollente.

Sempre il proprietario dell’impianto deve recarsi in Comune, all’ufficio appositamente predisposto, per richiedere il numero di matricola. Nella domanda dovranno essere indicati i nominativi della ditta incaricata della manutenzione e dell’ente incaricato delle verifiche.

A questo punto, se tutta la documentazione è in ordine, il Comune rilascerà secondo i suoi tempi il numero di matricola dell’impianto, che andrà poi esposto in cabina.

Se il numero di matricola tardasse ad arrivare, l’impianto può comunque funzionare, perché fa fede la ricevuta rilasciata dal Comune relativamente alla presentazione della domanda.

Anche in questo caso il riferimento di legge resta il D.P. R. 162/99 di recepimento della Direttiva Ascensori.

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